6 maggio di 45 anni fa. Da quel giorno l’Orcolat divenne sinonimo del sisma del 1976

Un boato assordante, alle 21:00:12, causò 990 vittime, 45 mila senza tetto e 100 mila gli sfollati
Redazione

6 maggio 1976. 45 anni fa il disastroso terremoto che sconvolse il Friuli. Alla prima scossa, la più leggera, pochi secondi dopo, alle 21:00:12 ne seguì una seconda, devastante e lunghissima, di magnitudo 6.5 della scala Richter. Il boato fu assordante. Le conseguenze tragiche: 990 le vittime,  2.607 i feriti, 45 mila le persone senza tetto, 100 mila gli sfollati. Molte persone morirono nei mesi successivi a causa delle ferite riportate senza che tuttavia il loro decesso fosse annotato come conseguenza del sisma. 

L’Orcolat, mostro della tradizione popolare rinchiuso tra le montagne della Carnia, capace di far tremar la terra ad ogni suo movimento, da quel giorno divenne sinonimo del sisma del 1976.

“6 Maggio – questa data da 45 anni e per sempre resterà scolpita nella storia di Gemona e del Friuli – ha scritto il primo cittadino di Gemona del Friuli, Roberto Revelant C’è un prima ed un dopo il sisma del ‘76. Oggi ricordiamo le vittime di quel catastrofico terremoto, non dimenticandoci nemmeno di quello che è accaduto dopo: i soccorsi, la solidarietà e la ricostruzione. I Friulani hanno sempre dimostrato di saper trovare la forza di reagire e ripartire anche quando viene a mancare ogni certezza. Il nostro compito è di trasmettere ai nostri figli ed ai nostri nipoti tale eredità. Solo così – conclude il sindaco – nessuno sarà mai dimenticato ed onoreremo lo straordinario lavoro di chi ci ha preceduto”.

Il 45mo anniversario del terremoto, nonostante l’emergenza Covid in corso, sarà celebrato e ricordato, come ogni anno, con commemorazioni nei paesi più colpiti

Le celebrazioni di oggi

GEMONA – A Gemona, l’Amministrazione Comunale onorerà la memoria di quanti morirono in quel tragico 6 maggio, ricordando anche l’incredibile opera di ricostruzione che, grazie a tenacia e forza di volontà eccezionali e alla solidarietà e al sostegno di tanti, diede modo di risorgere alla comunità.
Le cerimonie si terranno in forma riservata con la presenza delle sole Autorità. Alle 19.00 presso Piazzale Chiavola sarà deposta una corona al Monumento in ricordo delle vittime del terremoto e dell’opera di soccorso portata alla popolazione dal Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, a seguire presso la Caserma Goi –Pantanali saranno ricordate le vittime in armi decedute a seguito del sisma alla presenza del Cappellano Militare Don Marco Minin. Alle 20.00, presso il Duomo di S. M. Assunta, la messa di suffragio per tutte le vittime del terremoto (a cui sarà possibile la partecipazione nel rispetto delle norme anti Covid e con il limite di 140 persone complessivamente presenti). Seguirà, , lapresso il Cimitero Comunale deposizione di una corona in memoria di tutte le vittime del terremoto.
ARTEGNA – Alle 20.00 in programma la Santa Messa presso la Pieve di Santa Maria Nascente. Di seguito una piccola delegazione scenderà nel Sacrario dedicato alle vittime del sisma del 1976 per la benedizione e il ricordo delle vittime.
Nella facciata del Castello Savorgnan verranno proiettate delle immagini a ricordo del sisma del 1976.
MONTENARS – Giovedì  6  maggio, alle 18, si terrà la messa celebrata nella Chiesa di Sant’Elena, alle 18:50, in Cimitero, il Sindaco deporrà un mazzo di fiori sul monumento eretto a ricordo delle vittime del Sisma del 1976. La Cerimonia avrà luogo nel rispetto delle norme COVID
TREPPO GRANDE – Alle 20 ci sarà una Santa Messa nella Chiesa dell’Immacolata Concezione. Alle 21 i 45 rintocchi delle campane ricorderanno l’anniversario.
OSOPPO – 6 maggio “nel ricordo” con una cerimonia di commemorazione delle vittime del terremoto: alle 20.00 la messa celebrata presso la Chiesa Parrocchiale a cui seguirà la cerimonia commemorativa in Cimitero.
SAN DANIELE – “Par no dismenteâ l’orcolat: fotos di San Denêl a cuarantecinc agns dal taramot” si intiola così la mostra fotografica allestita per l’occasione nella Loggia della Biblioteca Guarneriana Antica, in piazza Duomo a San Daniele del Friuli, visitabile dal 5 al 23 maggio, a cura delle Associazioni “Vivi il Museo”, “Circolo Fotografico Sandanielese E. Battigelli” e “Pro Loco Pro San Daniele”. La comunità ricorderà le vittime del tragico sisma del 1976 con una Santa Messa e una cerimonia commemorativa, giovedì 6 maggio, alle 20, presso la Chiesa del Cimano.
FORGARIA – Alle 11.00 celebrazione nel sagrato della Chiesa di San Lorenzo Martire a Forgaria nel Friuli, anche alla presenza dei ragazzi delle scuole; ore 19.30 Santo Rosario nella Chiesa di Santa Giuliana a Cornino; ore 20.00 Santa Messa nella Chiesa di Santa Giuliana a Cornino. Sabato 8 maggio, alle 20, a Cornino “La sperançe tes lidrîs…ven a stai: 1976” monologo teatrale di e con Dino Persello, presso l’antico cortile dell’oratorio di San Vincenzo Ferreri, località Sompcornino. In caso di maltempo l’evento si terrà presso la sala parrocchiale di Cornino, Via Muris, 25. All’ingresso del municipio sarà presente una contenuta esposizione di documenti storici inerenti il terremoto.
MAJANO – La cerimonia, in ottemperanza alle vigenti disposizioni di legge, sarà riservata alle sole autorità civili e militari: alle 20.45 presso il “Luogo della Memoria”, in via Roma, sarà deposta una composizione floreale in ricordo delle vittime, mentre alle 21 è previsto il ritrovo presso il monumento in piazza della Chiesa.
TRASAGHIS – L’Amministrazione Comunale commemorerà le vittime del 6 maggio con una Santa Messa celebrata alle 9.30 presso il cimitero o, in caso di maltempo, nella chiesa parrocchiale.

L’omaggio della politica

Tanti i messaggi della politica Fvg per ricordare il terremoto del 6 maggio 1976, una data simbolo della nostra storia, ma anche un modello di ricostruzione al quale ispirarsi per uscire dalla pandemia.

“Sono passati 45 anni dal terribile sisma del 6 maggio 1976”, scrive il vicepresidente Riccardo Riccardi. “Nessuna esperienza precedente poteva essere presa a riferimento, e allora in Friuli Venezia Giulia è stato inventato il nostro ‘modello’. E’ per questo che siamo riconosciuti nel mondo per la rapidità di reazione e la tenacia dimostrata verso la ‘rinascita’ morale e sociale dei nostri territori. Grazie alle qualità di quella straordinaria generazione di uomini che la guidarono, con a capo il grande Zamberletti, per la sua visione del futuro che ancora ci guida e ispira. Il nostro pensiero è rivolto a tutte le vittime di quel tragico terremoto e ai loro familiari. Allora come adesso, sono convinto che la nostra terra saprà rialzare la testa e uscire dalla stagione difficilissima del Covid 19. Tutti insieme ce la faremo!”.

 

“A 45 anni dal terremoto siamo alle prese con un’altra ricostruzione, che non dovrà essere soltanto economica ma anche morale e sociale”. Piero Mauro Zanin, presidente del Consiglio regionale, legge così il parallelismo tra il tragico 6 maggio del 1976 e la crisi innescata dalla pandemia che oggi ci costringe a ripensare il futuro dell’intera regione. “Dopo il sisma – riflette Zanin – tutta la società friulana fu coinvolta nella ripartenza, non soltanto chi ricostruiva le case e riavviava le attività economiche. C’era voglia di tornare a vivere come e meglio di prima, c’era il desiderio di nuovi spazi sociali e culturali, come dimostra la battaglia per l’Università del Friuli. Ed era ancora radicato il senso della famiglia, il desiderio di offrire opportunità ai figli, di allargare le comunità”.

Oggi viviamo una situazione ben diversa, siamo immersi in una società “liquida” con tassi di denatalità sempre più preoccupanti. Un aspetto che secondo Zanin deve diventare cruciale in quella che lui per primo ha chiamato la “terza ripartenza” dopo guerra e terremoto.

“Del post-Covid a volte si sottolineano soltanto gli aspetti economici e finanziari – osserva il presidente dell’Aula – che sono certamente importanti, ma non bastano a disegnare la società del futuro. Io credo invece che occorra mettere al primo posto la ricostruzione morale e sociale, costruire le condizioni affinché i giovani possano mettere su famiglia e scommettere ancora sul futuro”. E anche di questi scenari parla il documento approvato di recente dal Consiglio regionale, che indica le linee guida della nuova ripartenza.

Un’opportunità arriva anche dai nuovi modelli di lavoro che il virus in qualche modo ci ha costretto a sperimentare: “Se prendiamo sul serio le possibilità offerte dallo smart working – spiega il presidente – possiamo ridare vita a molte località oggi marginali perché lontane dai grandi centri, attirandovi giovani famiglie e facendo diventare un valore aggiunto qualità del paesaggio e ambiente naturale. Per approdare a questo risultato servono naturalmente infrastrutture digitali e fisiche, ma sarebbe il modo migliore per ricostruire il Friuli Venezia Giulia delle comunità e far ripartire l’ascensore sociale, fermo da troppo tempo”. 

“Il 6 maggio di 45 anni fa il terribile terremoto del Friuli. Fratelli d’Italia ricorda le vittime e le famiglie spezzate da quella tragedia ma anche l’orgoglio e la determinazione del popolo friuliano, che seppe rialzarsi subito e diventare un esempio di rinascita per tutta la Nazione. Ricordiamo oggi anche Giuseppe Zamberletti, padre fondatore della Protezione civile e ideatore dell’unico modello di ricostruzione post-sisma che ha davvero funzionato nella storia della Repubblica Italiana. Un sistema che ispira il nostro lavoro in Parlamento e che continueremo a sostenere” dichiara la presidente di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni.

“Ogni 6 maggio – e soprattutto in un anniversario come quello dei 45 anni – abbiamo il dovere di ricordare. Ricordiamo innanzitutto le quasi 1000 vittime del terremoto che ha colpito il Friuli Venezia Giulia, i nostri parenti, i nostri amici. Vite spezzate da uno sciame di scosse che nessuno aveva previsto. In questa giornata, però, ricordiamo anche la grande capacità di risposta dei friulani, quelli che vivevano nella regione così come in tutto il resto del mondo, di prima e di seconda generazione, e la loro grande capacità di farsi popolo. In centinaia, ovunque si fossero trasferiti, ritornarono tra le province di Udine e Pordenone per dare una mano, prestare soccorso. Da quel dramma inedito, dalla collaborazione tra pubblico e privato, tra professionisti e volontari di buon cuore, nacque l’idea della moderna Protezione civile, quella che ormai quotidianamente interviene per affrontare ogni tipo di emergenze. Le  vittime di quel giorno, come tutti i caduti dei terremoti più recenti, dimostrano quanto sia importante investire nella messa in sicurezza del territorio: grazie al Recovery Fund stiamo finanziando finalmente  interventi contro i rischi e promuoviamo – attraverso il meccanismo del sisma bonus –  la ricostruzione degli  edifici meno solidi con criteri antisismici”. Così il sottosegretario alla Transizione ecologica, Vannia Gava, deputato e capo dipartimento ambiente della Lega, in un post su Facebook.

“La determinazione che il popolo friulano dimostrò nel post terremoto del 1976 costituisce ancora oggi una lezione importantissima, dalla quale trarre insegnamento per impostare la ripartenza dopo la pandemia”. Lo sottolinea in una nota il Gruppo consiliare della Lega nel Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia, esprimendo “profonda riconoscenza e ammirazione per quanto è stato fatto. A partire dalle donne e dagli uomini che, in prima linea, si misero a disposizione della propria comunità per ricostruire dalle macerie i paesi, i borghi e le città per come ancora oggi le conosciamo”.

“Nonostante il dolore resti insuperabile e nella consapevolezza che non potrà mai essere colmato, la determinazione che 45 anni fa animò la nostra comunità regionale – conclude la nota del Carroccio – sarà sempre fonte di ispirazione nell’affrontare i problemi e nel mantenere salda la posizione del Fvg quale modello di crescita socio-economica del Nord-Est”.

“45 anni dal terremoto del Friuli: centinaia di vittime, comuni rasi al suolo. La gestione dell’emergenza creò i presupposti per la nascita della moderna Protezione civile. In poco tempo una ricostruzione, esempio di come gli italiani sanno rimboccarsi le maniche e ricominciare”, sono le parole di Ettore Rosato (Italia Viva), Vicepresidente della Camera dei Deputati.

“Il 6 maggio del 1976, la terra del Friuli fu scossa da un terremoto che ha distrutto paesi, devastato comunità e famiglie. Quasi mille morti. Il popolo friulano si rimboccò subito le maniche, con coraggio e con la volontà di ricostruire: ‘Prima le fabbriche, poi le case, poi le chiese’, fu la parola d’ordine condivisa”. Lo scrive su Facebook, per ricordare il devastante sisma di 45 anni fa, la presidente del gruppo Pd alla Camera Debora Serracchiani, che oggi ha commemorato anche in Aula il tragico evento. “Da questa unità d’intenti nacque quel ‘Modello Friuli’ – ricorda la capogruppo dem – spesso lodato ed emulato. Da quel l’emergenza sarebbe sorta l’attuale Protezione Civile nazionale. La solidarietà fu straordinaria. Con la macchina del Governo, partì un moto spontaneo di persone in ogni parte d’Italia, si raccolsero aiuti materiali ed economici. Per ricostruire la terra devastata dall’‘Orcolat’ si attivarono Stati e associazioni internazionali”.

“Anche oggi la solidarietà dev’essere il valore che ci guida in ogni emergenza o sciagura, memori che – sottolinea Serracchiani – quanto offriamo ci rafforza e che solo aiutandoci l’un l’altro si può ricostruire speranza e futuro”.

“6 maggio 1976, l’origine è la meta. Al terremoto che 45 anni fa devastò il Friuli causando la morte di 989 persone seguì una reazione straordinaria da parte del popolo friulano, la solidarietà dell’intera comunità nazionale, la nascita di un modello di ricostruzione che affidò ai sindaci poteri commissariali, gettando le basi per quella che sarebbe diventata la Protezione civile grazie a Giuseppe Zamberletti. Nel dramma vissuto dalle famiglie delle vittime e degli sfollati quella che sembrava una fine fu un nuovo inizio. Teniamolo a mente, oggi come ieri”. Lo scrive il senatore friulano di Forza Italia Franco Dal Mas.

“Il 6 maggio del 1976 ha segnato per sempre la storia della nostra regione, del Friuli Venezia Giulia. I numeri di quella tragedia fanno paura anche dopo 45 anni, quasi mille morti, più di 100mila sfollati, circa 100mila edifici danneggiati o distrutti. Oggi è giusto ricordare le vittime di quel drammatico giorno e la tenacia dei sopravvissuti che seppero ricostruire e dare un futuro alla loro terra. Un esempio di rinascita cui possiamo ispirarci pure oggi”. Così Sandra Savino, coordinatrice di Forza Italia per il Friuli Venezia Giulia.

“Esattamente 45 anni fa un terremoto sconquassava il Friuli. Furono 989 i morti e 80mila gli sfollati. Sulle macerie di quella notte i friulani seppero rialzarsi: grazie al loro spirito e al loro orgoglio, all’aiuto portato da civili, militari, vigili del fuoco provenienti da tutta Italia e al coordinamento di Giuseppe Zamberletti – padre della Protezione civile – il Friuli si rimise in piedi senza perdere la sua identità. Azione, collaborazione, organizzazione: un esempio da tenere a mente sempre e a maggior ragione oggi, davanti all’enorme sfida che la pandemia ci ha parato davanti”, scrive il deputato friulano di Forza Italia Roberto Novelli.

“55 secondi che hanno sconvolto tante vite e la storia della nostra regione. 45 anni dopo ricordiamo quel sisma, le tante persone (quasi mille) che persero la vita e quelle che rimasero senza un tetto (circa 100 mila). E lo facciamo in un momento storico analogamente particolare: la nostra regione ha superato le 3000 vittime dall’inizio della pandemia e tutta Italia si trova nel mezzo di una crisi economica, psicologica e sociale. Ci vorranno forse anni per attenuare le conseguenze di questa crisi, ma di una cosa sono certo: i friulani, quando sono chiamati a reagire, rispondono sempre presente. È successo così anche all’alba del terremoto del 6 maggio 1976, quando i friulani – che avevano perso tutto nel giro di neanche un minuto – si erano già messi in moto seguendo il principio ‘fasin di bessôi’. Il sisma portò via con sé anche 5 mila posti di lavoro, costringendo una piccola regione rurale e sottosviluppata del Nord-Est a reinventarsi, divenendo una costellazione di piccole e medie imprese, cambiando marcia per ripartire più forte di prima”. Lo dichiara in una nota il deputato di Forza Italia Guido Germano Pettarin.

“Il ‘facciamo da soli’ – aggiunge – non era solo uno slogan, ma uno stato d’animo e un progetto politico: un sentimento di orgoglio che animava i cuori degli abitanti di una regione spesso trascurata e marginale, con un’autonomia sudata nel corso della storia, una voglia di rivalsa, per dimostrare a tutta l’Italia e al mondo che dopo una disgrazia, se c’è la volontà di farlo, ci si può rialzare. E non è un caso che ancora oggi si parli di “Modello Friuli”, un modello nel quale non è lo Stato l’artefice di tutto, ma sono i cittadini i primi motori della ricostruzione. Una partecipazione collettiva, una spinta dal basso per rinascere dalle macerie. Come durante e dopo il terremoto, in questi giorni, settimane, mesi, stiamo vivendo un periodo con troppe perdite, tanta paura e tanta incertezza per quello che ci riserverà il futuro. I Friulani e il Friuli sono chiamati di nuovo a rimboccarsi le maniche e a rialzarsi, con la consapevolezza però di essere in grado di farlo. E allora sì che tutto tornerà come prima, ma tutto sarà un po’ diverso”. 

“Per la ripartenza dalla crisi innescata dall’emergenza sanitaria, lo spirito dev’essere quello della ricostruzione post-terremoto. La comunità regionale deve riscoprire i valori che allora le consentì di rialzare la testa, mentre noi consiglieri regionali siamo chiamati a recepirne le esigenze, per far sì che la Regione sia più che mai l’istituzione dalla quale famiglie, lavoratori e imprese riescono a trovare risposta a necessità e problemi”. Lo afferma Giuseppe Nicoli, capogruppo in consiglio regionale di Forza Italia, anche a nome dei colleghi di gruppo Mara Piccin e Franco Mattiussi, a 45 anni dal terremoto che colpì il Friuli Venezia Giulia, provocando 990 vittime, oltre 100 mila sfollati e circa 100 mila edifici danneggiati o distrutti. “Una tragedia immane – aggiunge Nicoli -, sulla quale i paragoni con l’attuale pandemia possono apparire da una parte scontati, dall’altra inappropriati: ciò che senza ogni dubbio ci deve accomunare, invece, è lo spirito che segnò la ripartenza post-terremoto. Soltanto riscoprendo da quei valori tradizionali, con al centro la famiglia e il lavoro, e guardando al futuro, con progetti che pongono al centro l’innovazione e la sostenibilità, riusciremo a dare l’impulso alla ripartenza di questa regione”.

“La ricostruzione del Friuli, dopo il terremoto del 1976, costituisce l’unico riscatto per le 990 vittime di quella sera del 6 maggio e per il dolore dei sopravvissuti. La ricostruzione divenne modello per il mondo”. Lo evidenzia in una nota il consigliere regionale Furio Honsell (Open Sinistra Fvg), aggiungendo che “il significato della parola resilienza è questo. È la rinascita materiale del sistema economico e il progresso immateriale rappresentato allora dalla volontà popolare di istituire un’università”.

“Protagonisti furono, indistintamente, tutti i cittadini. A tutti loro, senza eccezioni, vanno la nostra ammirazione e la nostra riconoscenza. Possano ispirarci – conclude Honsell – in questi tempi difficili”. 

“Quarantacinque anni fa il Friuli, distrutto dal devastante terremoto di cui oggi celebriamo la ricorrenza, decise non solo di sopravvivere ma di rinascere, dando al nostro Paese e al mondo una lezione di efficienza, dignità e determinazione”. Lo dichiara il Sindaco di Udine, Pietro Fontanini. “Fu in quei mesi, grazie alla partecipazione attiva dei cittadini, al coinvolgimento dei sindaci e alla lungimiranza della classe politica, regionale e centrale, di allora, che fu definito quel modello che non a caso ha preso in nome della nostra terra e che è purtroppo non si è stati in grado di applicare altrove”.

“Ma forse ciò che meglio descrive quella tragica pagina di storia e lo spirito stesso del popolo friulano è la gratitudine provata, ancora oggi, per tutti coloro che portarono il loro aiuto e che è racchiusa in una delle immagini simbolo del terremoto: il muro con la scritta: Il Friuli ringrazia e non dimentica”, conclude Fontanini.

«La forza e la coesione che mossero le comunità del Friuli, accompagnate dai sindaci, 45 anni fa in seguito al terremoto che colpì il Friuli, sono valori che possono e devono ancora guidare l’azione di tutti noi. Oggi la pandemia sta scuotendo nuovamente le nostre comunità ed è proprio dal passato che possiamo trarre un insegnamento per ridare speranza per una nuova ripartenza». A dirlo è il capogruppo del Pd in Consiglio regionale, Diego Moretti in occasione delle commemorazioni del 45° anniversario del terremoto che il 6 maggio del 1976 colpì il Friuli.

«L’esempio che ci arriva dal passato è l’aiuto e la solidarietà della gente, lo sforzo di non lasciare nessuno indietro, un concetto spesso ripetuto oggi ma accanto al quale è necessario guardare anche all’insegnamento che Zamberletti ha lasciato a generazioni di amministratori: come avvenne nel periodo post sisma, allo stesso modo bisogna ripartire garantendo solidità al tessuto sociale e produttivo, forza alle istituzioni locali, affinché nell’autonomia ci sia una sana collaborazione tra Stato, Regioni e Comuni. Questi buoni esempi del passato non devono restare ricordi, ma continuare a ispirare la politica di oggi».

“Il primo pensiero – scrive in una nota Emanuele Zanon, consigliere di Regione Futura – va al migliaio di morti e al dolore che la loro tragica e improvvisa scomparsa ha provocato ai famigliari e ai loro cari. Vi è poi la memoria degli edifici distrutti, i cumuli di macerie, la rovina del patrimonio immobiliare e infrastrutturale di tanti paesi, le tende, le baracche e gli anziani trasportati nelle colonie marine. Il terremoto del Friuli non viene rievocato solo per il dolore e la devastazione che ha provocato, ma anche come un momento epico degli abitanti di questa terra, come modello virtuoso e grande opportunità di trasformazione e progresso in ambito economico, sociale e culturale”. “È inevitabile – continua Zanon – fare un paragone tra quell’esperienza e quella odierna della pandemia Covid-19. Vi sono molte analogie tra i due avvenimenti ma anche molte differenze”. “Molte cose sono cambiate rispetto ad allora: la politica, i rapporti istituzionali tra Stato, Regioni, Autonomie locali, l’abnorme impianto legislativo, il sistema economico globalizzato, le sovrastrutture degli apparati amministrativi e burocratici – prosegue il consigliere – Esistono però delle comunanze endemiche all’indole e al temperamento degli abitanti di questa regione, che ci spingono a chiederci quale sia l’eredità che ci ha lasciato il virtuoso modello di ricostruzione post-terremoto, modello che potremo adottare per le odierne sfide che la pandemia e la post pandemia da Covid-19 ci presentano”.

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