56 anni fa moriva don Milani, il ricordo di Vito Di Piazza

Il fratello di don Pierluigi rinnova la memoria dell’uomo e sacerdote, del quale è stato celebrato il 27 maggio il centenario dalla nascita
Alessandra Salvatori

Il 26 giugno del 1967 moriva a 44 anni don Lorenzo Milani, del quale quest’anni ricorrono i cento anni dalla nascita. A ricordare la figura di questo grande uomo e prete è Vito Di Piazza, fratello di don Pierluigi.

Il 27 maggio si sono celebrati i cent’anni della nascita di don Lorenzo Milani, un grande uomo, prete, maestro, profeta. Non basta ricordarlo nelle ricorrenze, bisogna ricordarlo con commozione e sentimenti profondi come memoria viva ed ispirarsi a lui, cercando di fare delle scelte in sintonia con i suoi insegnamenti. E’ stato abitato dalla profezia dello Spirito e Barbiana, da luogo di emarginazione e isolamento, è diventata luce sulle montagne del Mugello e nel mondo intero. E’ stato un prete-maestro sempre fedele al Vangelo senza ma annacquarlo; e le sue bussole sono state appunto il Vangelo e la Costituzione. La sua profezia incarnata pienamente nella storia, quando si sale a Barbiana parla ancora perché è viva, e la voce dei suoi ragazzi di allora continua a comunicarla. Che Papa Francesco sia salito il 19 giugno 2017 a Barbiana rende omaggio a don Milani, commemorandolo 50 anni dopo la sua scomparsa; questo è stato un segno straordinario: non di riparazione, non di riconoscimento postumo, ma di sintonia e di condivisione nella scelta dei poveri, ed ha riabilitato il suo libro Esperienze Pastorali, fatto ritirare dal commercio con il divieto anche della ristampa dalla Congregazione per la Dottrina della Fede. Solo la Chiesa povera e dei poveri può salire a Barbiana. Ho sentito l’esigenza di scrivere queste riflessioni, perché sicuramente lo avrebbe fatto mio fratello don Pierluigi Di Piazza, che è salito più volte a Barbiana con gruppi di persone, una volta anche da solo, e che era diventato amico di Eda la perpetua di don Milani che l’ha accompagnato sempre e che è sepolta vicino a lui e a sua madre nel piccolo cimitero vicino alla chiesa, e di molti dei suoi allievi in particolare Gesualdi. Per due volte sono stato anch’io con mio fratello, ricevendo in questo luogo grandi spinte interiori per poter camminare nella strada indicata da questo profeta. Per Pierluigi don Milani è stato uno dei maestri fondamentali del suo essere uomo e prete e ha anche scritto un libro importante: Don Lorenzo Milani nella mia vita di uomo e di prete (edito nel 2017 da Alba Edizioni). Il 1° novembre 1980, festa di Ognissanti, sollecitato con insistenza da Eda, ha celebrato l’Eucarestia con i paramenti che erano stati di don Milani nella chiesa di Barbiana, sostando poi vicino alla sua semplice tomba dai rimandi profondi. Dice Pierluigi: “ Ho letto e commentato con trepidazione per dove mi trovavo, il Vangelo delle Beatitudini, che sono risuonate proprio nel luogo della loro attuazione. Quell’Eucarestia si è depositata nella mia dimensione interiore ed è diventata un elemento costitutivo della mia spiritualità. Senza enfasi, retorica, potrei dire che mi pare in quel giorno di aver vissuto con Lui un incontro speciale, profondo, indimenticabile”. Don Milani ha realizzato una scuola che aveva al centro del suo interesse sempre i ragazzi, i loro bisogni, mai nessuno andava avanti rispetto agli altri, si doveva camminare insieme. Se uno rimaneva indietro veniva preso per mano e portato al livello degli altri. Una scuola che apriva i ragazzi verso il mondo, sempre indicando alti obiettivi, e si imparavano anche le lingue straniere. Dodici ore di scuola al giorno per 365 giorni all’anno. C’è ancora nella stanza della scuola quel piccolo cartello che riporta la scritta I Care: mi interessa, mi sta a cuore, mi coinvolgo, partecipo e m’impegno anch’io; l’esatto contrario del “me ne frego”, del qualunquismo, dell’indifferenza. E’ la com-passione, il patire con, il sentirsi provocati, coinvolti. Si pensi attualmente alla questione delle migrazioni. I Care è il contrario di ogni xenofobia e razzismo. La lettera ad una professoressa esprime compiutamente l’esperienza della scuola di Barbiana e in essa c’è un passaggio che indica anche il senso profondo e la pratica positiva della politica “…il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne tutti insieme è la politica. Sortirne da soli è l’avarizia”. Dice ancora Pierluigi: “Fra le altre straordinarie considerazioni e riflessioni, una mi ha folgorato ed è entrata per sempre nella profondità del mio essere uomo e prete. E’ quella che indica con radicalità il compito del prete.” La riflessione è quella contenuta nel libro Esperienze Pastorali “…E’ appunto- dice don Milani- che si distingue il maestro dal commerciante. Dicesi commerciante colui che cerca di contentare i gusti dei suoi clienti. Dicesi maestro colui che cerca di contraddire e mutare i gusti dei suoi clienti. Lo schierarsi di qua o di là di questa barriera è per il prete ben grave…” “La sua riflessione e proposta sull’ubbidienza o disubbidienza nella Lettera ai Giudici- afferma Pierluigi- appartiene alla pedagogia universale. L’ubbidienza non è più una virtù, ma la più subdola delle tentazioni quando abdica alla responsabilità, esecuzione di ordini dei superiori che in quanto tali, anche se ingiusti e malvagi, si presume possano scagionare dalla responsabilità personale. Ciascuno di noi è invece è responsabile di tutto”. Dice ancora Pierluigi: “Alla vita di don Lorenzo corrisponde in modo nitido e profondo l’espressione del Vangelo secondo Giovanni: se il seme di frumento finisce sotto terra e non muore, non porta frutto; se muore invece porta molto frutto. Don Milani, come tutti i profeti non sta alle nostre spalle, abita il nostro futuro. Ricordarlo, averlo sempre presente come esempio, è compito di ciascuno/a di noi, e da Barbiana ci sollecita ed invita sempre a vivere con fedeltà e coerenza il Vangelo, per attingere forza, fiducia, incoraggiamenti per le nostre vite. Barbiana è ogni luogo dove noi ci impegniamo insieme agli altri a vivere processi di liberazione e di vita; visitare oggi quel luogo, sostare in preghiera su quella tomba significa vivere un momento di illuminazione e di vita; essere coinvolti dalla verità che i luoghi di emarginazione possono diventare di illuminazione e di esemplarità.”
La Curia fiorentina decide di inviare don Milani nella parrocchia di Barbiana. E’ chiaramente un esilio; in una parrocchia di 40 anime che dovrebbe essere soppressa nella geografia della chiesa fiorentina, cosa potrà fare quel prete? A chi potrà insegnare? Il 26 giugno 1967, a 44 anni, don Milani muore a Firenze, in casa della madre; il 28 giugno viene sepolto nel piccolo cimitero di Barbiana con gli scarponi da montagna, com’era il suo desiderio, nel luogo che aveva scelto il giorno dopo il suo arrivo lassù… Il giorno dopo il suo arrivo infatti, scende a Vicchio e si compra, come si usava, il terreno per la sua sepoltura, a “ribadire -dice Pierluigi- la scelta di una incarnazione definitiva, senza alibi, limiti, compromessi”. La tomba è di una semplicità disarmante: una lastra di marmo con la scritta del nome, della data di nascita e di morte, e vicino l’indicazione: priore di Barbiana. La madre da Firenze gli scrive di non compiere gesti che lo impegnino a restarci a lungo in quel luogo. E lui fra l’altro risponde: “Non c’è motivo di considerarmi tarpato se sono quassù. La grandezza della vita non si misura dalla grandezza del luogo in cui si è svolta, ma da altre cose.” Nel testamento scrive “Caro Michele, caro Francoccio, cari ragazzi, ho voluto più bene a voi che a Dio, ma ho speranza che lui non stia attento a queste sottigliezze e abbia scritto tutto sul suo conto. Un abbraccio Lorenzo”. Anche Pierluigi ha confidato nella misericordia di Dio e nella sua capacità di far bene i conti, alla fine della sua vita, con un pensiero in fondo affine a don Milani. Seguendo l’esempio di don Milani, quando era cappellano a Paderno Pierluigi ha realizzato un dopo-scuola per i ragazzi/e delle medie: “Tre pomeriggi alla settimana – spiega Pierluigi- per il sostegno concreto nel fare i compiti, con particolare attenzione agli alunni che facevano più fatica; erano momenti di socializzazione importanti, di uno stare insieme, del concretizzare il servizio dei giovani e di alcuni genitori nei confronti dei ragazzi/e”. Dice ancora Pierluigi: “Si percepisce come la profezia incarnata parli a prescindere dai luoghi e dagli strumenti; parla per la sua forza intrinseca per mezzo di coloro che se ne lasciano coinvolgere”.

Vito Di Piazza, fratello di Pierluigi

Nella foto, la copertina del libro di Pierluigi Di Piazza dedicato a don Milani

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