Federmoda Confcommercio Fvg: «Ripartire per evitare il rischio fallimento»

Con un -100% sul fatturato per la maggior parte delle imprese, quelle non attive sulle piattaforme virtuali, e un negozio su dieci che, secondo il presidente nazionale di Federmoda Confcommercio ...
Redazione
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Con un -100% sul fatturato per la maggior parte delle imprese, quelle non attive sulle piattaforme virtuali, e un negozio su dieci che, secondo il presidente nazionale di Federmoda Confcommercio Renato Borghi, potrebbe non avere la forza di ripartire quando terminerà il “lockdown”, in Friuli Venezia Giulia ci si prepara alla Fase due, quella in cui si dovrà cercare la salute, ma anche rilanciare il lavoro, paralizzato dalla drammatica emergenza economica da coronavirus. «La filiera è a rischio, molte imprese saranno costrette a chiudere», ribadisce Confcommercio Fvg ricordando i numeri in regione: 2.500 aziende al dettaglio di abbigliamento e calzature e quasi 6mila addetti.

A raccontare le difficoltà, ma anche la volontà di ripartire responsabilmente, a tutela dei collaboratori e del cliente, sono Maurizio Anzil (Web-espace, Texture), Renata Lirussi di Mira Mode e Alessandra Bravi dell’omonimo gruppo. «Come in tutti i momenti difficili, ci sono occasioni di cambiamento che ci aiutano a sviluppare anche iniziative positive – sottolinea Anzil –. In questa situazione abbiamo elaborato un piano per mettere in contatto su diverse piattaforme digitali i nostri addetti alle vendite con i clienti: per fissare un appuntamento, ordinare un articolo specifico o farsi consigliare sul prossimo acquisto. La nostra prossimità ci permette anche di essere veloci e flessibili per i cambi merce ed eventuale reso».

Renata Lirussi deve a sua volta fare i conti con l’inevitabile stop ai matrimoni: «Ricevo mail e messaggi di futuri sposi che hanno già comprato gli abiti, ma sono costretti al rinvio o all’autunno o addirittura al prossimo anno. Non ci resta che confortare i clienti e aiutarli a riprogrammare tutto». Mira Mode, in questo periodo di pausa forzata, si è anche reinventata: «Con l’intero staff abbiamo aperto la nostra sartoria per confezionare mascherine antibatteriche, non risolutive ma comunque utili, aiutando varie amministrazioni, a partire da Tricesimo, ma siamo ora pronti a rispondere anche ad altre richieste. La riapertura? Stiamo attendendo quel momento con grande emozione. Sarà come aprire le porte per la prima volta. Sanificheremo l’atelier, vigileremo sul rispetto delle misure protettive, daremo serenità e ancora maggiore affetto alle coppie. Nulla sarà come prima per un po’ di tempo, ma ci metteremo il cuore». Con la stessa passione anche Alessandra Bravi non vede l’ora di riprendere a pieno ritmo: «La gente si è ormai abituata a convivere tra distanze interpersonali e mascherine e le aziende saranno senz’altro attente alle misure di sicurezza. La riapertura per l’abbigliamento dei più piccoli è stata una prova riuscita, serve ora proseguire su questa strada perché è il solo modo per salvare i posti di lavoro di una filiera fondamentale per l’economia. Dopo di che servirà iniettare liquidità immediata e ridurre quanto possibile la pressione fiscale».

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