In Fvg il virus della ‘febbre del topo’, è la prima volta che appare in Italia

L'esito delle indagini ha confermato la presenza in Friuli Venezia Giulia dell'hantavirus tra gli animali morti nei fiumi a seguito della straordinaria pullulazione avvenuta negli scorsi mesi. Le avv...
Giancarlo Virgilio
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Dopo i casi di importazione dalla Slovenia, è stato trovato nel Tarvisiano l’Hantavirus, il virus responsabile della ‘febbre del topo’. Secondo lo zoologo Luca Lapini si tratta del primo caso in Italia.  A stabilirlo con certezza sono state le indagini eseguite dalla Struttura Veterinaria del Dipartimento di Prevenzione dell’Azienda ospedaliera del Friuli Centrale su alcune carcasse raccolte nei mesi scorsi tra Raibl, Coccau e Tarvisio. L’esito delle analisi sui visceri di alcuni animali è stato comunicato all’Istituto zooprofilattico Sperimentale delle Venezie la settimana scorsa.

Le analisi erano state avviate a seguito della straordinaria pullulazione – di arvicola rossastra e del topo selvatico dal collo giallo – esplosa a inizio primavera. Un boom di nascite che aveva portato al conseguente rinvenimento di migliaia di animali morti nelle acque gelide di diversi corsi d’acqua, sia nel Pordenonese che nel Tarvisiano. Tra la popolazione esaminata nell’area circoscritta è stato dunque rinvenuto l’hantavirus, infezione responsabile della cosiddetta febbre da topo che generalmente nell’uomo causa febbre alta, mal di testa, brividi, dolore all’addome, congiuntivite, rossore al viso e disturbi respiratori.

Al momento non esiste un vaccino per l’uomo. Pertanto il dipartimento di Prevenzione ha ritenuto opportuno ricordare alcune importanti norme igieniche. E’ fondamentale:

  • lavarsi accuratamente le mani con acqua e sapone dopo il contatto con il terreno o polvere; 
  • evitare contatti diretti con i roditori, le loro urine o feci; 
  • in caso di pasti consumati all’aperto non porre gli alimenti a diretto contatto con il terreno e vigilare al fine di impedire che i topi possano raggiungerli. 
  • utilizzare sempre guanti in lattice per la eventuale rimozione delle carcasse; 
  • non consumare vegetali, frutti del bosco o funghi se non dopo accurato lavaggio e pulizia poiché possono essere fonte di infezione per via alimentare; 
  • evitare di inalare la polvere in quanto il virus si può diffondere anche per via aerogena (evitare soffiatori o utilizzare le scope umidificando le superfici polverose a rischio per contaminazione con feci o urine di topi); 
  • tenere i cani al guinzaglio nei boschi al fine di evitare la predazione. 

Prudenza e rispetto di semplici norme igieniche azzerano le possibilità di contagio, spiega lo zoologo Luca Lapini. “Non esiste alcun allarme sanitario in atto – precisa lo studioso del Museo Friulano di Storia Naturale di Udine– anche perché non c’è ancora nessuna evidenza di infezioni umane da Hantavirus contratte in Italia”. “Inoltre – rassicura Lapini – la pullulazione di micromammiferi sembra già essere in evidente fase di remissione”. 

Nei prossimi giorni, infine, arriveranno le analisi sui campioni raccolti in altre zone della regione, dati necessari per stabilire meglio quale effettivamente sia la distribuzione del virus in Italia.

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