Si è tenuta oggi a Udine, sotto il palazzo delle Regione, la manifestazione di protesta dei lavoratori che operano nel settore dei Matrimoni e degli eventi privati. Il comparto è fermo da 14 mesi, eppure non è stato preso in considerazione dal Governo per quanto concerne il programma delle riaperture né per una conseguente destinazione di fondi specifici adeguati per le 50.000 imprese coinvolte.
La delegazione territoriale di FederMEP, unita a tutte le associazioni di categoria della filiera, ha consegnato nelle mani dell’ Assessore Sergio Bini, in rappresentanza di tutta la Giunta, le istanze ed il protocollo atti alla ripartenza e salvaguardia di oltre 30.000 persone coinvolte in Friuli Venezia Giulia.
Le stesse istanze sono state consegnate in tutta Italia nello stesso momento per chiedere l’appoggio alle rappresentanze politiche affinchè il Governo le recepisca.
Da 14 mesi il settore dei matrimoni ed eventi è fermo, senza risposte o programmazione, eppure si hanno solo 8 giorni di tempo per salvare un patrimonio economico e culturale dal valore intrinseco che va ben oltre il 1,3% del PIL italiano.
Le richieste comuni sono semplici e chiare: approvazione immediata dei protocolli, adozione del calendario per la riapertura e Ristori adeguati per le aziende del comparto.
Se entro il 5 maggio non si otterrà l’accoglimento degli emendamenti a modifica del DPCM del 22 aprile, la filiera si costituirà parte civile in una Class Action contro lo stato per aver violato l’articolo 1 della Costituzione, il Diritto al Lavoro.
“Mai avremmo pensato di dover affrontare simili situazioni nella nostra vita e dover difendere il diritto al lavoro, non per poche persone, ma per 300.000 impiegati stabili e 150.000 lavoratori stagionali” riportano le rappresentanti di FederMEP FVG, “La giornata di oggi è stata per noi importante perché ci ha caricato ancora di più per essere determinate nei futuri giorni nelle stanze della Regione. Sappiamo che assieme a tutta Italia dovremo far pressione e sensibilizzare i Governatori affinchè intercedano per noi le richieste al Governo e ci aiutino a salvare un patrimonio che è di tutti. L’Italia non può permettersi di perdere un’intera filiera né in termini economici né tantomeno culturali e professionali”.