Violenza, denaro e prevaricazione dei più deboli. E’ questo il filo che collega le azioni della baby gang sgominata dalla polizia di Pordenone e che ha portato al collocamento in comunità del capo della banda. Quattro i componenti del gruppo, tutti residenti in provincia: oltre al 15enne colpito dalla misura cautelare chiesta dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Trieste, è coindagato in stato di libertà un 16enne.
Le indagini stanno proseguendo per identificare gli ultimi due giovanissimi membri del gruppo. Gravi gli episodi accertati e attributi ai quattro senza ombra di dubbio da parte degli uomini della squadra mobile pordenonese, i quali hanno indagato a partire da febbraio con metodi tradizionali in un contesto particolarmente omertoso come quello giovanile.
Gli episodi
Nell’ordine, gli episodi, tutti avvenuti nella zona del luna park nel quartiere San Gregorio, riguardano l’appropriazione indebita di una collana d’oro del valore di 1.200 euro ai danni di un 14enne avvenuta il 14 marzo, la tentata estorsione di una collana d’oro e di un cellulare sempre ai danni di un 14 enne il 20 marzo, lo spaccio di marijuana a minori del 25 aprile e la truffa da 500 euro ai danni di un 15 enne, che il 3 maggio ha consegnato alla baby gang il denaro dopo la minaccia di denunciare il consumo di droga a un appartenente alle forze dell’ordine di cui i quattro vantavano la conoscenza. Ma, soprattutto, alla banda è attribuita la tentata rapina pluriaggravata ai danni di un 40enne invalido al 60%, che il 17 maggio era stato salvato dall’intervento di un passante. Una persona, la vittima, che era stata presa come bersaglio dal gruppo: due giorni prima, infatti, era divenuto oggetto dell’attenzione degli adolescenti che, gratuitamente, hanno dileggiato, spintonato, preso a calci e pugni l’uomo, nonostante implorasse loro di smettere. In quell’occasione, nessuno era intervenuto. La polizia non esclude che possano essere in futuro attribuiti loro altri episodi. Una banda pericolosa, come sottolinea il Gip nel provvedimento restrittivo a carico del capo, dove ha sottolineato “la pericolosità sociale del minore nonché l’elevato pericolo di reiterazione dei reati, giudicandolo non in grado di porre limite alcuno alla propria deriva criminale”.